lunedì 22 marzo 2010

Nei boschi eterni



Le donne si rodono sempre il fegato. Perché gli piace fare il lavoro fino in fondo, capisci? Mentre gli uomini possono andare di qua e di là, e poi raffazzonare alla bell'e meglio, finire, o piantare tutto. Invece una donna, capisci, lei può star dietro alla stessa idea per giorni, mesi, e senza nemmeno farsi una birra.


Quando ho preso in mano questo libro ho sentito subito una carica fortissima: la quarta di copertina era intrigante, la copertina inquietante, la storia si preannunciava complicatissima e ricca di eventi.
E così è stato: un'ombra si aggira per i cimiteri a dissotterrare corpi, dei cervi vengono brutalmente uccisi in Normandia e Adamsberg ha niente popò di meno che un fantasma assassino in casa! Per non parlare del nuovo poliziotto con i capelli multicolore che si aggira in commissariato, e di Camille, che sembra non provare più niente per il commissario, se non "cortese amicizia". Capire il nesso tra tutto gli eventi richiede pazienza al lettore, molte cose vengono buttate lì e il nervosismo cresce.
Le ultime 150 pagine le ho divorate, ma devo ammettere che rispetto al solito ci ho messo un po' ad ingranare... La storia ha un grosso potenziale, ma l'ho trovata un po' meno incisiva di altre: forse perché le aspettative sono sempre più alte, forse perché la traduttrice non è Yasmina Melaouah, che secondo me ha una mano particolarmente felice. Certe pagine ti tolgono il fiato, altre ti fanno innervosire, altre sembrano divagare. La distribuzione della tensione è più dilatata rispetto al solito, Adamsberg è sempre più inafferrabile e umano, il misticismo e l'occulto prendono il sopravvento.

1 commento:

gu ha detto...

"Vede? (disse, alzando il braccio destro) Perso quando avevo nove anni, durante la guerra civile. E certe volte mi pizzica. Mi pizzica il braccio mancante, sessantanove anni dopo. In un punto ben preciso, sempre lo stesso (disse il vecchio indicando un punto nel vuoto) Mia madre sapeva perché: è un morso di ragno. Quando il braccio se n'è andato, non avevo finito di grattarlo. Così mi prude sempre.
Perché il morso non aveva finito la sua vita, capisce? Esige quello che gli è dovuto, si vendica. Non le ricorda niente?
Il sentimento. Prenda un tizio che ama ancora una ragazza, o lei ama lui, e invece non c'è più un cavolo da fare, afferra la situazione?
E perché quel tizio ama ancora la ragazza, o lei ama lui? Come si spiega?
È semplicissimo, è che il sentimento non ha ancora finito la sua vita. Esistono fuori di noi, quelle cose. Bisogna aspettare che finiscano, bisogna grattare fino alla fine (...)"